15-16 di Febbraio

Via dell'Olio e della Scienza e Via della Cesana

Mombaroccio | Cartoceto | Saltara | Serrungarina

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Via dell'Olio e della Scienza e Via della Cesana
VIA DELL'OLIO E DELLA SCIENZA
Mombaroccio | Cartoceto | Saltara | Serrungarina
SABATO 15 FEBBRAIO 2020

Alle 9:30 del mattino ci siamo ritrovati a Mombaroccio per la partenza di questa terza tappa del nostro cammino itinerante per la provincia di Pesaro-Urbino. Il gruppo del sabato era composto da persone da diverse parti del mondo che per varie ragioni vivono a Pesaro o nella vicina Rimini. Gli unici pesaresi d'origine eravamo io e Sara. Del gruppo di questa giornata hanno fatto parte anche Giovanni e Christian, che sono con l'associazione dal primissimo evento nel lontano gennaio 2017, Belén (Argentina), Maggie (USA), Fof (Costa d'Avorio) e Mario, nostra guida locale e grande esperto del territorio.

Abbiamo deciso di lasciare le auto un po' prima del castello per poter scendere alla fonte della Madonna del Pontaccio e risalire il sentiero nel bosco fino alla Porta Marina, l'arco di accesso “posteriore” con vista sulla valle e sul mare. Dopo questi 45 minuti di strada che ci ha portato nella piazza centrale di Mombaroccio, una sosta per una seconda colazione era d'obbligo. Ancor di più perché ad accoglierci c'erano Filippo e Claudia della Bottega del Borgo, luogo molto frequentato dai ciclisti ma apprezzato da tutti per la qualità dei prodotti e la gentilezza del personale. Mentre Maggie impazziva per la crostata di marmellata e mandorle fatta in casa, io ammiravo la quantità di salumi e formaggi esposti mangiandomi una spianata con la mortadella.

Il Percorso

Usciti dalla possente Porta Maggiore con i suoi torrioni di origine sforzesca, si lascia il castello di Mombaroccio per salire al Santuario del Beato Sante, così chiamato in onore di Gian Sante Brancorsini, frate laico della chiesa che sorgeva nello stesso luogo e che era intitolata a Santa Maria di Scotaneto. Il bosco che avvolge il santuario è stato ancor prima del Cristianesimo un luogo di riti pagani e misticismo, ora conserva un'aura spirituale ma anche di notevole interesse sia dal punto di vista floristico che storico, vista la presenza di varie specie arboree e di una trincea tedesca risalente alla seconda guerra mondiale.

La strada che porta a Cartoceto scende in una bella sterrata che giunge ad un suggestivo fosso per poi risalire fino all'abitato di Ripalta, ex castello medievale di cui rimane soltanto un frammento della torre di guardia. Si cammina per circa un'ora e si raggiunge la chiesa di Santa Maria della Misericordia, superata la quale inizia la splendida scalinata che porta al Palazzo del Popolo, porta di ingresso al castello che nel medioevo disponeva anche di un ponte levatoio. Cartoceto è da visitare con calma, perdendosi nelle vie interne e godendosi la vista sui colli coltivati ad ulivo e sulla imponente Pieve dei Santi Pietro e Paolo se si cammina lungo le mura. La produzione di olio è una delle attività principali di questa zona fin dal XIII secolo e dal 1977 la Mostra Mercato dell'Olio e dell'Oliva è un appuntamento che richiama turisti da molte parti d'Italia e del mondo.

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Prima di lasciare Cartoceto, poco fuori dalle mura, merita una visita il Monastero Santa Maria del Soccorso, dal quale si può proseguire per una stradina che lambisce il Museo di Scienze del Balì e raggiunge in poco tempo il castello di Saltara, forse uno dei posti più sottovalutati della Valle del Metauro. La scalinata con cui si accede all'interno della cinta muraria termina con un balcone da cui si ha una buona vista dei colli circostanti e della piazza; raggiungendo le mura meridionali si ha un bellissimo scorcio panoramico mentre nelle vie interne si nascondono pregevoli casette, giardini e un loggiato con una scaletta che porta ad un altro affaccio sul borgo sottostante.

Siamo quasi alla fine di questa tappa piena di borghi e castelli che hanno avuto origini e storia simile, specialmente nel Medioevo essendo passati dalle signorie dei Malatesta, agli Sforza e infine ai Della Rovere. L'ultimo castello di questo pezzo di cammino è quello di Serrungarina. Lo si raggiunge con una comoda strada sterrata che da poco fuori Saltara scende e risale, rimanendo sulla cima del colle per circa un chilometro prima di raggiungere il borgo. Una volta famosa per il suo presepe, oggi Serrungarina attira turisti per il Carnevale e per la festa della Pera Angelica, tipica e quasi esclusiva di questa zona. Il castello ha forma perfettamente circolare e si sviluppa in altezza, con una piazza centrale e la chiesa di Sant'Antonio Abate che svetta sugli altri edifici. Di notevole interesse sono la scalinata che dalla piazza conduce alle porte del castello dividendolo in due parti e l'antico lavatoio incastonato nelle mura del paese.

Il nostro cammino

Difficile non restare affascinati dai luoghi che abbiamo attraversato ma allo stesso tempo rimane dentro un velo di tristezza nel vedere come siano poco frequentati. Per noi il fatto di averli trovati semi deserti è sicuramente un elemento di maggior fascino e autenticità, però se penso alla bellezza dei luoghi e al loro valore storico, alle attività locali e ai disponibilissimi gestori che abbiamo incontrato direi che sicuramente meritano maggiore considerazione. A Cartoceto ci siamo fermati alla Gastronomia Beltrami, una piccola azienda che produce olio, formaggi e varie confetture. Sia l'esterno che l'interno del negozio hanno un gusto che rimanda a un tempo ormai passato e la cui cura dei dettagli e l'ordine sono impeccabili. La signora ci ha accolto facendoci assaggiare tre tipi di formaggi diversi, tutti di loro produzione e tutti deliziosi. Avremmo voluto comprarli tutti ma abbiamo optato per uno che sarà il nostro pranzo al sacco del giorno successivo.

Anche all'arrivo a Serrungarina ci siamo fermati in un ristorantino di cucina tradizionale che da poco dispone anche di camere per ospitare i turisti. E' giusto di fronte all'entrata del castello, appena fuori dalle mura, e si chiama “Da Luisa”. Ci hanno accolto le figlie della signora Luisa, a cui abbiamo chiesto una caraffa di vino e abbiamo ricevuto in omaggio una crescia con i ciccioli e il rosmarino che ci ha fatto dimenticare tutta la stanchezza dei circa venti chilometri attraversati.

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Sempre a Serrungarina abbiamo cenato divinamente e alloggiato al Ristorante Al Mandorlo, di cui parleremo nel diario della prossima tappa. Qui vogliamo solo raccontarvi la bontà delle tagliatelle con il sugo ai fagioli (piatto tipico nella nostra zona), ma anche di quelle classiche al ragù e degli antipasti di formaggi e affettati, erbe cotte, pomodori gratinati, carciofi sott'olio... il tutto accompagnato da abbondante crescia sfogliata, un tipo di piadina diversa però dalla classica romagnola. Per chiudere, un bel tiramisù con mascarpone e uova a chilometro zero e ci si può congedare dalla giornata senza rimpianti.

CURIOSITÀ SU CARTOCETO

  • Il nucleo originario di Cartoceto iniziò a formarsi ai tempi della guerra greco-gotica (535-554) quando le alture poste ai lati del Metauro divennero luogo di rifugio per le popolazioni della vallata in fuga dal conflitto.
  • Presso la vicina frazione di Calcinelli, lungo la via consolare Flaminia, era situata la cosiddetta “mutatio ad Octavo”, un luogo di ristoro e di cambio cavalli posto a metà strada tra i municipi di Forum Sempronii e Fanum Fortunae
  • Tra il 1000 e il 1400 il castello di Cartoceto era una realtà consolidata che compariva in numerosi documenti sia per la produzione olearia sia per l'importanza strategica quale roccaforte sul versante settentrionale del Metauro controllata e contesa dall'amministrazione di Fano, dai Malatesta e dal Ducato di Urbino.
  • Esistono varie ipotesi etimologiche per il nome di Saltara: una si ricollega alla tradizione romana, facendolo derivare da Saltus aeris (bosco del bronzo) secondo una leggenda che si riferisce all'abbandono, da parte dei Cartaginesi, delle loro armature nei boschi limitrofi a seguito della sconfitta subita ad opera dei romani nella Battaglia del Metauro del 207 a.C. Durante la seconda guerra punica; l'altra versione fa risalire il nome al vocabolo latino Saltarius, ovvero guardapascoli, sorvegliante o forestale. In alcuni atti ecclesiastici sembra, in effetti, che la terra di Saltara fosse stata messa sotto la custodia di un saltarius.
  • Il primo documento che parla di Saltara è una bolla papale del tardo 800, mentre lo sviluppo del paese vero e proprio sarebbe da ricondurre nel XII secolo. Lo confermano diversi documenti che nel 1139 attribuisco al Monastero di Fonte Avellana il possesso della chiesa di San Martino di Saltara.
  • Come Cartoceto, anche Saltara svolge tra il XII e il XV secolo un ruolo importante quale avamposto difensivo nella Valle del Metauro, rimanendo legato al dominio di Fano.
  • La frequentazione umana del territorio di Serrungarina fin dalla preistoria è attestata dalle tombe neolitiche ritrovate sul monte Bruciato e da una spada di bronzo di età picena rinvenuta nei pressi di Bargni.
  • L'origine di un centro abitato vero e proprio è da ricondurre al VI secolo, in seguito alla guerra greco-gotica che mise in fuga verso i colli le popolazioni della valle.
  • In precedenza conosciuta come Brisighella, il nome attuale Serrungarina pare si debba a Ser Ungaro degli Atti, un notaio vissuto nel XIV secolo, periodo in cui il castello entrò a far parte dei domini di Galeotto Malatesta.
  • Tra il XII e il XV secolo passò sotto il dominio della Fano pontificia, dei Malatesta e degli Sforza, per tornare poi sotto il dominio dello Stato Pontificio dopo il passaggio dei francesi.
  • Produttori Locali

    Frantoio Beltrami

    Mangiare e Dormire

    Bottega del BorgoMombaroccio: Piazza barocci 18.

    Gastronomia BeltramiCartoceto: via umberto I.

    Ristorante Da LuisaSerrungarina: Via Roma nr.8.

    Ristorante Al MandorloSerrungarina: Via Tomba, 59.

    VIA DELLA CESANA
    Serrungarina | Bargni | Montemontanaro | Fossombrone
    DOMENICA 16 FEBBRAIO 2020

    Il risveglio nella casetta a pochi passi dal ristorante Al Mandorlo ci regala subito grandi emozioni. La posizione in cima al colle permette di avere una bellissima vista della valle del Metauro ancora coperta dalla nebbia, da un lato, mentre sul lato opposto le cime di Catria e Acuto svettano sul paesaggio collinare, illuminate da un sole che da poco si è alzato sopra i colli più a sud della nostra provincia. Lo spettacolo è unico, come lo è la colazione preparata dalle ragazze del ristorante: succo di pera angelica (una tipicità del territorio) fatto in casa, crostate, torte, biscotti e marmellate.

    La mattina è iniziata dunque nel modo migliore, anche perché il gruppo si è allargato: ci hanno infatti raggiunto Katia, Giulia, Laura e Caterina per la tappa domenicale.

    Il Percorso

    Si raggiunge in circa trenta minuti il castello di Bargni che era uno dei due avamposti difensivi alle strette dipendenze di Serrungarina (l'altro è il vicino Pozzuolo). Il luogo è sorprendente da più punti di vista: il panorama sui monti dell'appennino, sulla spaccatura della Gola del Furlo e sulle colline della Valmetauro; la cura con cui sono conservati gli edifici; il silenzio.

    Si abbandona Bargni prendendo una stradina di campagna e poi un sentiero che scende fino al fosso che divide i due crinali adiacenti. Dal fosso del Rio si risale per una strada sterrata prima e asfaltata poi per raggiungere Montemontanaro: un altro castello dove la vita si è fermata. Anche qui, vista la posizione sopraelevata, si gode di un gran bel panorama passeggiando lungo le mura, ma le sorprese si trovano anche addentrandosi nei vicoli di questo piccolo centro.

    Lasciatosi alle spalle questo castello, inizia la discesa graduale che porta a Molino Malla, luogo in cui, dopo circa un chilometro di strada asfaltata, inizia la parte più dura della tappa: la salita alla Cesana. E' una strada carrabile in breccia che sale costante ma con due strappi di pendenza maggiore, per un totale di 5 chilometri e un'ascesa complessiva di 450 metri.

    L'ultimo tratto è su sentiero boschivo frequentato anche dai ciclisti che nei periodi particolarmente piovosi può essere molto infangato. In questo caso sarebbe consigliabile seguire la carrabile in breccia in direzione della ex chiesa di San Piero in Tambis e da qui scendere direttamente alla Rocca di Fossombrone.

    L'approccio alla Rocca, in buone condizioni del terreno, è invece consigliabile farlo seguendo il sentiero 137 che, dalla cresta denominata Cesana Bassa, attraversa il bosco con una breve discesa resa però impegnativa dal fondo pietroso e che offre una bella vista sulla città e sull'antica fortificazione e abitato medievale, denominato Cittadella.

    Scendendo le scale che portano alla Corte Alta, il vecchio palazzo di Guidobaldo Della Rovere che domina sulla più moderna città sottostante, si può raggiungere in poco tempo il centro di Fossombrone, da visitare con calma, magari la mattina successiva. Infatti ne parleremo nel diario della prossima tappa.

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    Il nostro cammino

    La sorpresa più grande è stata l'accoglienza a Montemontanaro. Il proprietario della Locanda da Quaranta ha fatto due chiacchiere con noi raccontandoci la vita in questo castello tra ricorrenze e festività in cui si radunano persone provenienti da diverse zone del circondario. Ci ha anche permesso di visitare il suo atipico ristorante: disposto su tre piani e con i tavoli sistemati in delle stanzette dall'arredamento antico ma ben curato e dettagliato, alcune con caminetto interno. L'ambiente trasmette tranquillità, con una luce soffusa alimentata anche da piccole candele poste ai tavoli. Ci rimane tanta voglia di tornare per sapere come si mangia, anche se la presentazione dei piatti ci ha dato più di un motivo per pensare che la qualità sia davvero ottima.

    Da qui a Fossombrone non avevamo altri centri abitati sul nostro percorso, quindi con passo deciso abbiamo risalito il monte della Cesana fino al bivio con il sentiero che, salendo ancora un po’ per un chilometro, ci avrebbe portato alla Cesana Bassa. Da qui abbiamo optato per girare a sinistra seguendo la strada di breccia fino alla ex chiesa di San Piero in Tambis per poterci fermare a gustare il nostro pranzo a base di formaggio dell'azienda Beltrami di Cartoceto, pane del forno di Tavernelle (comprato prima di partire da Serrungarina) e prosciutto di un produttore locale gentilmente offertoci dallo staff del ristorante Al Mandorlo.

    Dopo la pausa pranzo, in circa un'ora e mezza abbiamo raggiunto la Cittadella di Fossombrone dove Laura, architetto e forsempronese, ci ha raccontato la storia della Rocca prima di andare tutti insieme a gustarci i tanto agognati caffè e dolci del Bar Otello.

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    CURIOSITÀ SU BARGNI E MONTEMONTANARO

  • Il castello di Bargni fu coinvolto nelle guerre tra i Malatesti di Fano ed i Montefeltro di Urbino; terribile fu la conquista nel 1462 ad opera di Federico di Montefeltro, il quale saccheggiò e fece uccidere parecchi abitanti.
  • All'ingresso del paese sono situate due ville appartenenti a due grandi famiglie locali: Villa Federici e Villa Serafini. La prima (del 1683) è immersa in uno stupendo boschetto attraversato da un viale che collega la villa alla strada; fu voluta dall'Abate Domenico Federici (1633-1720), uno degli uomini illustri di Fano, fondatore della biblioteca Federciana di Fano.
    A Villa Serafini (del sec. XIX) nacque il generale Bernardino Serafini (1822-1906), patriota risorgimentale, che si distinse particolarmente nella difesa di Roma (1849); nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille, ottenne i gradi di generale dopo l'unità e nel 1886 fu nominato senatore del regno. Nella piazza del paese è visibile una lapide in suo ricordo.
  • Montemontanaro è un castello fortificato che risale al 1202-1203, quando assieme a quelli di Fontecorniale, S. Ippolito, Montefelcino, Castelgagliardo e Monteguiduccio costituiva la linea difensiva dei Montefeltro ai confini con i territori dei Malatesta di Fano e Pesaro.
  • Nelle mura castellane, e precisamente sopra l'arco antico che dava accesso al paese, era collocata la scultura monumentale che raffigura lo stemma con l'effigie dell'aquila dei Montefeltro e le iniziali “F” e “C”. Questo prezioso reperto storico del Rinascimento è stato conservato per più di cinquant'anni nel Museo Civico di Fossombrone.
  • Alcuni studiosi ritengono che il nome “Cesane” (o Monti della Cesana) derivi dal latino “caedere”, ovvero tagliare, che in questo caso si ricondurrebbe all'abbondanza di superficie boschiva utile per ogni uso del legname; altri studiosi ritengono derivi da “pestis cessatione”, poiché i popoli si ricoveravano in questo luogo dall'aria salubre per scampare dalle epidemie oppure per guarire dai propri malanni.
  • Fino all'epoca romana i boschi erano popolati da alberi secolari e da una fauna molto variegata che annoverava anche orsi e cervi, oltre a lupi, volpi, lepri... Poi iniziò un disboscamento che raggiunse l'apice nel Medioevo, quando il duca Federico traghettò pietre e legnami per fabbricare la sua famosissima corte, ovvero il Palazzo Ducale.
  • Tra la prima e la seconda guerra mondiale iniziò un rimboschimento con alberi alloctoni tra cui Pini Marittimi, Cipressi dell'Arizona, Cedri, Abeti bianchi e rossi. Ora queste piante sono soppiantate dalle specie autoctone quali Ginepro. Leccio, Roverella, Orniello, Carpino.
  • Gli aspetti faunistici più interessanti sono principalmente due: un'espansione spontanea del capriolo, che insieme a daino e cinghiale costituisce la popolazione degli ungulati di questa foresta; la presenza dell'Aquila reale, che nidifica nel vicino massiccio del Furlo e spesso utilizza le Cesane come territorio di caccia.
  • Produttori Locali

    Azienda Agricola Pagliari, produzione vino e olio - Montefelcino: Strada Santa Maria 16.

    Mangiare e Dormire

    Locanda da Quaranta - Montemontanaro, Montefelcino: via Mazzini 3.